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SCARCELLA E LIQUORE DI MELE COTOGNE

Si avvicina il periodo pasquale e cosa prepariamo da mangiare? Nelle giornate di Quaresima si tende sempre a non mangiare la carne, ad aumentare l’utilizzo delle verdure, ad utilizzare il pesce, quello povero ma più saporito, per poi esplodere il giorno di Pasqua con agnelli e coratelle a volontà. In più c’è la primavera, con la sua interminabile escalation di profumi e sapori che porteranno all’estate, pian pianino. Allora si penserà a preparare insalate, macedonie e pasti freschi e leggeri, vino bianco freddo a intorpidire i sensi e sangrie serali bevute in allegria.

Oggi abbiamo la Scarcella, tipico dolce pasquale pugliese ma che si può trovare anche in altre parti d’Italia sotto un’altra forma.

La Scarcella ha una lunga tradizione, è uno dei dolci più poveri e antichi della mia zona e viene fatta non proprio la domenica di Pasqua, ma quella successiva in omaggio alla Madonna dei Martiri o in dialetto la “Medonn du Trmlizz” cioè del terremoto perché salvò Molfetta da una catastrofe nel 1200 e qualche cosa. Allora, fate una specie di pasta frolla con 500 gr di farina, 200 gr di zucchero, 100 gr di olio d’oliva, 2 uova intere , 7 grammi di ammoniaca (attenti a essere precisi altrimenti durante la cottura l’ammoniaca farà disgregare tutti gli ingredienti) e mezza bustina di vaniglia. Amalgamate il tutto abbastanza in fretta (più tempo perdete ad impastare e meno si amalgameranno gli ingredienti) e lasciate riposare in frigorifero. Procuratevi 500 gr di mandorle che avrete cura di sbollentare e sbucciare, e frullate con 450 gr di zucchero in modo tale da ottenere una specie di farina/purea che metterete in un pentolino insieme ad un pizzico di cannella, la buccia grattugiata di due limoni e del liquore a piacere. Coprite a filo con acqua fredda e portare ad ebollizione girando in continuazione per dieci minuti a fuoco moderato per evitare che si attacchi. Deve essere una specie di crema. Avrete così ottenuto la pasta reale. Mentre raffredda, prendete la pasta frolla e dividetela in due. Stendete due dischi ai quali darete la forma che più vi piace, l’importante è che siano uguali (per esempio un cuore, che romantici!), stendete uno strato di pasta reale e uno di marmellata d’uva (come tradizione impone ma potete mettercene un altro tipo) lasciando il bordo libero almeno per un cm. Spennellatelo con dell’uovo sbattuto e sovrapponete l’altro disco premendo bene i bordi. Una buona saldatura si ha poi passando la classica rotella. Vi conviene fare tutte queste operazioni già in una teglia con della carta da forno sotto, in modo da non avere difficoltà poi in seguito. Si cuoce in forno per una ventina di minuti a 170°. Molti spolverizzano la sua superficie con dello zucchero a velo, ma chi lo sa fare, ci mette su una bella colata di “giuleppe”. Che cosa è? è la comunissima glassa bianca da pasticceria che si trova già in commercio nelle drogherie o chiedendola in prestito in qualche pasticceria amica vostra ma se volete farla voi, è molto semplice: sempre nel nostro famigerato pentolino, questa volta meglio se largo, mettete dello zucchero a piacere e coprite a filo scarso con acqua fredda, mettete sul fuoco e fate sciogliere fino a che il tutto non diventa di un colore quasi biondo. Attenti a non mettere dita dentro, se non volete trovarvi solo la falange. Togliere dal fuoco, lasciare raffreddare per nemmeno cinque minuti e aggiungere qualche goccia di limone. Poi, con un cucchiaio di legno girate in continuazione fino a che non diventa bianco appunto come la glassa. È un procedimento che vi porterà via un po’ di tempo, ma ne vale la pena. Quindi, fatela colare sulla scarcella che sarà già cotta e raffreddata, e se volete, ci potete aggiungere sopra i corallini di zucchero colorato, oppure le perline argentate, o delle scagliette di cioccolato.

E i vini? A me piace bere con questo dolce il Recioto della Valpolicella, oppure il Piccolit o ancora del Vin Santo. Un abbinamento che mi piace assai è invece con il liquore alle mele cotogne, tosto e vigoroso che viene fatto in casa, o meglio, veniva fatto in casa, adesso è sempre più difficile trovarlo. Allora eccovi la ricetta: 500gr di succo di mele cotogne che avrete ottenuto da una centrifuga (filtratelo bene il succo), 500gr di alcol e un cucchiaio e mezzo di zucchero. Fate sciogliere lo zucchero nel succo sul fuoco, senza far bollire. Poi fate raffreddare e aggiungete l’alcol. Mettete in una bottiglia e lasciate riposare al buio almeno per quattro mesi prima di berlo. Si formeranno dei sedimenti che se volete potete filtrare, altrimenti lasciateli lì, così riuscirete a convincere i vostri ospiti che l’avete fatto davvero voi.

 

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Antonio Bufi nasce in quel di Molfetta, una ridente cittadina che si affaccia sull’Adriatico, una manciata di anni fa. Dopo aver provato a far volare dal balcone aeroplanini fatti con i fogli su cui scriveva i sui pensieri imberbi, rimane folgorato come Paolo sulla via di Damasco dalla buccia di limone che sua madre usa per la crema pasticcera...

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